Giulio Regeni – Tra depistaggi e scomode verità

Il titolo che ho dato a  questo articolo può molto forte, o addirittura presuntuoso. D’altra parte non si può avere approccio diverso su questa tematica. Sono troppi i punti tenuti allo scuro, Giulio probabilmente stava lavorando a qualcosa di scottante, però sappiamo bene quanto può essere pericoloso lavorare in Paesi sotto regimi dittatoriali.

 

Il 25 Gennaio ha diversi significati e diverse ricorrenze. Durante la Primavera Araba (quel famoso periodo di insurrezioni nelle regioni arabe sotto regimi dittatoriali tra il 2010 e il 2011, che non sembrano avere gli effetti sperati), il 25 Gennaio 2011 iniziano le rivolte in Egitto da piazza Tahrir, che hanno preparato la strada per l’attuale dittatura di Al Sisi. Da quel momento invece che evoluzioni, in Egitto si è compiuta una progressiva involuzione che ha portato il Paese in una situazione dittatoriale alquanto critica. La libertà, personale e di stampa, ha subito più volte un giro di vite complicando la vita a molte persone come giornalisti o ricercatori.

È questo l’ambiente in cui lavora Giulio Regeni. Giulio era un ragazzo brillante, dottorando presso l’università di Cambridge, e abitava in Egitto proprio per lavorare sulla sua tesi di dottorato che riguardava i Sindacati Indipendenti Egiziani. Il tema è molto delicato e trattare di questi argomenti sotto una dittatura può diventare pericoloso o addirittura fatale. Da mesi Giulio scriveva reportage sulla situazione dei mercati ambulanti e del loro difficile rapporto con il “governo”, raccoglieva interviste dai venditori, raccontava dei loro rapporti con i colleghi e da mesi chiedeva un appuntamento con il sindacato (che hanno più volte rifiutato). Poi un giorno tutto è cambiato improvvisamente. Hoda Kamel Hussein, esperta del posto che forniva contatti a Giulio, gli presenta Mohamed Abdallah, capo del sindacato. Il primo incontro avviene il 13 ottobre 2015, dopo si incontreranno altre sei volte. Lui sarà l’uomo che venderà Giulio, che lo tradirà. Il primo incontro appare molto tranquillo, Mohamed gli spiega tutta l’organizzazione del sindacato e dei conflitti con il ministero del Lavoro. Il secondo incontro inizia ad apparire strano e sospetto. Inizialmente Abdallah non voleva incontrare Giulio che voleva conoscere altri ambulanti e a lui sembrava molto sospetto. Facciamo poi un salto in avanti fino a Dicembre 2015-Gennaio 2016. In questo periodo (ma forse anche prima) Abdallah inizia ad avere dei contatti con la Sicurezza Nazionale (servizi segreti egiziani, paragonabili alle SS naziste) segnalando Giulio come personaggio sospetto, alcune volte lo accusa addirittura di essere una spia inglese. Addirittura avrà contatti con 5 ufficiali diversi e la SN, durate il periodo natalizio in cui Giulio torna a casa, inizia ad indagare su di lui. L’ultimo incontro tra il Abdallah e Regeni avviene al mercato. Giulio gli parla della fondazione Antipode, di come ottenere una sovvenzione vincolata ad un progetto per il sindacato; ma qui Abdallah si tradisce: a lui interessano solo e solamente i soldi. Lui ha letteralmente venduto Giulio alla Sicurezza Nazionale senza pensarci su due volte, forse dopo aver capito che da Giulio non poteva spillare nemmeno una lira. Comunica tutto: gli spostamenti, i contatti, durante l’ultimo incontro ha filmato tutto con una microspia (dove l’ha reperita?). Possiamo definirlo l’uomo delle bugie, l’uomo contraddittorio, le sue testimonianze sono sempre diverse; ma torniamo su Giulio.

Arriviamo a quel fatidico 25 Gennaio 2016, il giorno della sua scomparsa. Giulio ha un ultimo contatto alle 19.41 con la sua ragazza che si trovava in Ucraina. I dati del suo cellulare lo agganciano alla cella telefonica dove si trova la fermata della metropolitana. Giulio doveva incontrarsi con degli amici per un compleanno nei pressi di Piazza Tahrir, ma a quell’incontro non ci arriverà mai. Da quel momento in poi si perdono le sue tracce, gli amici e i conoscenti fanno partire l’hashtag #whereisgiulio; ma di lui nessuna notizia.

Il 3 Febbraio 2016 sul ciglio dell’autostrada Cairo-Alessandria poco fuori Cairo viene rinvenuto un corpo martoriato e senza vita: è il corpo di Giulio. Da quel momento la polizia egiziana ha iniziato a indagare, e probabilmente a depistare l’omicidio di Giulio. Avanzano diverse ipotesi: la prima è di un fatale incidente stradale, poi un delitto passionale, l’ultima ipotesi è quella che Giulio è stato una vittima di una gang (a casa di uno di loro sarebbero stati trovati i suoi documenti, ma subito smentiti dalla sorella di uno dei parenti). Solo recentemente è stata avanzata un’ipotesi del coinvolgimento dei servizi di sicurezza, ma prima  di questa ipotesi è passata molta acqua sotto i ponti. Il giorno precedente al ritrovamento del corpo, una delegazione di imprenditori italiani e il ministro per lo sviluppo economico Guidi si sono recati in Egitto per una missione diplomatica; ma dopo aver appreso del ritrovamento del corpo, per non complicare le relazioni diplomatiche sono subito rientrate in Italia.

Fortunatamente anche la procura della Repubblica di Roma, capitanata da Giuseppe Pignatone e Sergio Colaiocco, apre un fascicolo. Qui i nodi vengono al pettine. Dopo aver ricevuto una relazione dall’Egitto sull’autopsia del corpo di Giulio, si è arrivati alla conclusione che il rapporto risulta frammentario e lacunoso. Gli incontri avuti tra la delegazione egiziana e quella italiana hanno avuto perlopiù risultati deludenti. L’ipotesi di depistaggio inizia a prendere sempre più forma. Abdallah stesso, durante un’intervista ad Huffington Post versione araba dichiara di aver consegnato lui stesso Giulio alla polizia, forse per amor di patria.

C’è però un altro uomo che subito dopo la notizia del ritrovamento avanza accuse al governo, una figura che non ha alcun legame con Regeni ma ha avuto legami con l’esercito egiziano. Si chiama Omar Afifi ed è un ex colonnello che attualmente abita a Washington. In un post su facebook descrive tre fasi sulle torture di Giulio e i legami diretti con il governo.

Ad un anno dalla scomparsa sono ancora molti i punti oscuri sul caso e la collaborazione tra Italia ed Egitto è sempre stata poco efficace. Ancora oggi più che mai dobbiamo cercare verità per Giulio

#VERITÁPERGIULIO

 

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