Manhunt é la prima serie tratta quasi interamente da fatti reali e non ispirata. Una serie buona ma che ha delle pecche molto pesanti.
Una sera ero in preda alla noia più totale e quindi decido di sfogliare le novità di Netflix(se non sbaglio era Dicembre). Ad un certo punto trovo una serie TV che mi incuriosisce; si chiama “Manhunt-Unabomber”, che racconta in modo più “romanzato” la storia di Ted Kaczynski, uno pseudo-terrorista che spediva pacchi bomba in giro per gli Stati Uniti. Decido quindi di guardarlo un po’ perché mi piacciono abbastanza questo genere di storie, e un po’ perché non si parla dei soliti terroristi.
TRAMA–>La storia è molto semplice , anche perché racconta fatti realmente accaduti quindi non ci si aspetta chissà quale rivoluzione. L’FBI contatta Jim Fitzgerard, profiler (la figura che dà una descrizione psicologica del ricercato) del Bureau che si è particolarmente distinto per le sue abilità. Viene chiamato a realizzare un profilo di UnaBomber, un pericoloso serial killer che spedisce pacchi bomba in giro per gli Stati Uniti. Ovviamente la storia racconterà non solo della cattura del terrorista ma anche ciò che succede nella sfera privata di chi è coinvolto in prima persona. Ovviamente non potevano inventarsi cose che si sarebbero allontanate troppo dalla realtà dei fatti.
La serie non è inventata quindi chi ha scritto la sceneggiatura ha anche avuto le mani legate perché doveva partire dai fatti realmente accaduti. E quella non colpisce più di tanto, anzi. Da questo presupposto ci si doveva aspettare una caratterizzazione dei personaggi quasi perfetta, come il primo House of Cards. Invece mi è parso tutto un po’ freddo, una caratterizzazione lasciata molto a desiderare. Hanno dato l’impressione di averla fatta, ma allo stesso tempo potevano fare molto meglio perché le premesse c’erano.
Devo ammettere però che sono riusciti a ricreare tutta l’atmosfera tipica degli anni 80 e 90 sia con le varie ambientazioni che con tutti gli strumenti di uso quotidiano; ma soprattutto la mentalità. Non è facile far pensare un personaggio con una mentalità di vent’anni prima, è una cosa molto complicata nel mondo della recitazione. E in questo gli attori sono stati veramente bravi.
La cosa che secondo me è riuscita meglio di tutte è la fotografia. Mi ha fatto letteralmente impazzire perché riesce a catturarti emotivamente, riesce a trasmetterti quello che magari non ti è arrivato con il personaggio. Parlo della solitudine correlata magari all’inquadratura particolare di una grande stanza. Insomma la fotografia è stata curata abbastanza. Una cosa lasciata proprio ad minchiam è la musica. Niente di originale, melodie già sentite che però almeno sono piazzate nei momenti giusti. Niente da dire.
Questa serie oltre a raccontare la storia di Unabomber e la sua cattura, vuole anche lanciare un messaggio di tipo filosofico. Infatti il terrorista scrive un “Manifesto” del suo pensiero in cui critica molto aspramente il progresso tecnologico. Nulla di nuovo eh, anche Verga a suo tempo criticava il progresso quando si riferiva alla fiumana del progresso. Quest’avanzata della tecnologia che viene vista come un’ostacolo dello sviluppo dell’umanità e non come catalizzatore apre un dibattito che merita di essere approfondito sicuramente, ma non è questo l’articolo appropriato.
Il cast non è per niente composto da sconosciuti. Paul Bettany (il terrorista) ha interpretato il ruolo di Visione nel film di Avengers. Sam Worthington (Jim Fitzgerard) era il protagonista di Avatar (un signor film). Un’altro personaggio aveva una parte nel “Trono di Spade”. Insomma non il massimo del blasone ma comunque un cast con una certa esperienza.
Infine: perché l’ho definita una serie “ibrida”? innanzitutto perché non è proprio una serie TV ma allo stesso tempo non ha le caratteristiche di una docu-serie. Quindi non è né carne né pesce. E infatti non è molto semplice da categorizzare. Una serie che però parla di storia, di filosofia e anche di politica seppur in maniera marginale (solo chi vedrà tutta la serie potrà capire). Una serie molto “aperta”.
La serie la consiglio in linea generale. Anche perché non ci sono troppi riferimenti alla realtà e quindi abbiamo comunque uno stacco tra la storia e la “finzione”. Quindi non è noioso anche se può sembrare lento e pesante all’inizio, dalla terza puntata in poi infatti prendere una buona dinamicità.
Voto? 7. Perché la caratterizzazione dei personaggi è fondamentale e steccare quella fa perdere abbastanza appeal.